La diagnosi di vulvodinia, spontanea o provocata, è una diagnosi per esclusione e ciò significa che fino a quando è presente una causa che possa giustificare la sintomatologia vulvare (infezioni, lesioni, infiammazioni), non sarà mai possibile porre questa diagnosi. Non di rado mi è capitato di ricevere pazienti con in corso trattamenti neurolettici (antidepressivi, anticonvulsivanti) o miorilassanti per diagnosi di vulvodinia posta altrove che in virtù di tali trattamenti avevano ovviamente sotto controllo la sintomatologia dolorosa, ma che non avevamo mai eseguito dei tamponi genitali o magari li avevano eseguiti, ma non affidabili (spiego sempre alle mie pazienti la differenza tra tamponi colturali e molecolari, nonché lo spettro di ricerca e cioè il numero di patogeni ricercato). Ebbene, a volte - eseguiti i tamponi - sono emerse molteplici infezioni, risolte le quali e sospesi i trattamenti farmacologici che assumevano, le pazienti non avevano più alcun sintomo e quindi erano state trattate per vulvodinia senza che tale condizione fosse presente. Ricordo inoltre che, nel 50% dei casi, la vulvodinia è la conseguenza di infezioni genitali di lunga data non riconosciute o mal gestite dal punto di vista terapeutico. Per tale ragione, quando una paziente giunge alla mia osservazione riferendomi pregressa diagnosi di vulvodinia, non do mai per assodata tale diagnosi.
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